Ricardo Rubio
Ricardo Rubio - Argentina
1951
Nulla sappiamo se non il malinteso
Mi fingo distratto mentre agito altro tempo
che infiamma il cuore dell'alba.
Chiudo gli occhi immaginando i segni
di un linguaggio universale.
Cerco ragioni mentre palpitano
tristezze sparpagliate nelle crepe
di uno spazio perplesso.
Quando il girono schiude passaggi
la lucidità assorta si spaventa.
Con quale veleno soffochiamo l'insistenza
e l'illusione se nessuno ha la luce della distanza?
Nessuno è signore del colore della sera.
La coscienza navigò millenni per giungere qui
e forzò un uomo stordito
in mezzo alle pietre.
Ci sono alberi feriti dalla sete
uccelli rantolanti di paura
piccoli pesci che lottano contro l'inverno.
Ma ci sono le mani di una donna
lungo la mia schiena
mitigando la ferocia della vita.
Così avverto le carezze e le offese.
Adesso gli anni mi tormenteranno sempre
e sono appena silenzio
al fondo di un gesto.
Nel modo più assurdo la mente gioca a vincere
Senza sapere avanzavo a tentoni
avendo dimenticato il principio
e la ragione del dilemma.
Perché presi il destino con misura
e venne il castigo per le cose frequenti
e le abbondanti e quelle facili.
In tutta la terra ho combattuto
per raggiungere questa voce
per seminare gelsomini nel ricordo
della mia casa e dei miei occhi.
Non ebbi indugi né prudenza né doppiezza
il mio desiderio non conobbe riposo.
Compresi tardi che l'impresa cospira
scuote prosciuga
e combatte la luce che risplende
al caldo di un sincero nutrimento
all'orecchio teso al sussurro di un figlio.
Ebbi sempre in casa un coro di allegria
mia moglie brillava i bambini
giocavano agli indiani
e fuori in cambio mai cantava la ferocia
- che marcia soltanto lanciando voci di potere.
Ora so che questa spada si torce nel mondo
e così ancora a volte si stanca e si trattiene.
Non ci sono numerali nel cosmo
non c'è via per il ritorno.
Lascio lo scudo e mi sciolgo le cinghie
bevo la sete e scuoto il tuono della notte.
Gli occhi si chiudono alla danza o si aprono al dolore
L'albero si veste di rughe e silenzio
- mitica forza va e viene nell'aria.
Si prende l'ultima goccia dai fossati
verso un torrente invisibile
che non raggiunge la sua pelle nuda.
Quando avvolge la montagna
la sua sete e la tristezza
il cielo lo vede alzare le braccia al vento.
Navigherò in eterno per comprendere
questo perché
questa chiocciola confusa che si affoga
tra sabbia e sale
quest'ambizione che cade nelle mani
dell'intolleranza
questo falso ristagno dell'idea.
Come vedere l'altro lato dello specchio
se il nucleo è nella carne?
Come essere chi sono quando svengo?
La vita si accorcia si accosta alla vecchiaia
si corrompe e si confonde.
Il delirio invade le forme la ragione vacilla
la nudità tenta un colore nelle tenebre
e cerca una specie una stirpe una tribù
un fondamento in cui seminare l'aria.
Ma si fa notte la luce e nebbia e sonno
confusione di iridi all'ombra di un noce.
Miserabili passi disegnano un andare
debolmente mediocre.
Per la nudità il tramonto è un vertice eccessivo.