Jana Boxbergerova

Jana Boxbergerova (Francia)


Di origine cecoslovacca, poetessa e gallerista, vive a Parigi.

L'erba sotto il ponte


Fra le rotaie cresce l'erba sotto il ponte

né gramigna né falasco. Avena e trifoglio

effimero miraggio sogno spezzato

E di nuovo traversine acciaio pietrisco

Negli occhi che seguono il muro lungo i binari

il desiderio nasce di fermarsi

scendere e tornare indietro

Posare il capo su un cuscino di muschio

guardare il grigio di un cielo basso

respirare l'odore del fieno quando secca

attendere disteso il passaggio del treno

Si dirà - è colpa di quest'erba

Né del falasco né della gramigna

dell'avena e del trifoglio

Che ci fanno qui in mezzo ai binari?

Verrà una macchina a coprirle di asfalto

Perché a nessuno più viene la voglia

di coricarsi nell'erba sulla ferrovia

P.S.

Più tardi l'erba bucherà il bitume

Né trifoglio né avena. Falasco e gramigna



***

Le cose


Ancora mi domando

se si può accettare

che le cose rimangano

quando l'uomo è passato,

e se davvero sbagliano

quelli che appena morto

fanno sparire tutto

quel che tu amavi tanto,

di cui ti circondavi.

Ma come obbligare

a esistere le cose

soltanto per servirci,

e lasciare che parta

quanto d'anima umana

esse hanno imprigionato?


***

Com'è?


Dimmi, com'è morire?

È come trattenersi

sui binari di un treno

sul punto di partire.

Vuoi tendere la mano

e vuoi toccare il viso

di quelli che rimangono,

trattenerne l'aspetto

scendere e rimanere

con loro un poco appena.

Alcuni già ti fanno

dei segnali d'addio

altri nemmeno sanno

che li stai per lasciare.

Ma tu non hai più tempo

di spiegare ogni cosa -

e perciò alcuni credono

che poi rinasceranno.

Ma spesso loro pure

prima di scomparire

lasciando questa terra

fanno appello a sapienti

a medici e indovini

che si affannano a fare

veri tour di magie

per mantenerli in vita.

Ma nulla quelli possono

se la strada è finita:

è troppo tardi ormai.

Un fischio che non odi

annuncia che si parte.

Si chiudono le porte

riflettendo nei vetri

subito opache e come

smorte le ultime smorfie.

Poi le acque si rompono

ricoprendo i partenti

di un sudario di pace.

In quello sciabordio

sfuma l'ansito estremo,

mormorio di preghiere

che i morti solo intendono.

Si spengano le luci!

E la vita va, nuda

così com'è venuta

dentro l'acqua e nel sangue.

© 2019 Viaggiatore Franco, Viale Marconi 10, 00156 Roma
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